martedì 6 dicembre 2011

Celebrando La Primavera

Arriva la Primavera, splendidamente eterea, magnificamente sfuggente, eternamente indecifrabile, eccola avanzare danzando sulle punte come una Flora impaziente di esplodere in un bosco fecondo di frutti e di fiori, tra la penombra di un convegno segreto a cui tutti hanno ricevuto l’invito.
Eccolo, Mercurio, filosofeggia, intrigato da un pergolato appena intuito, rapito forse da quel neoplatonismo che vuole contrapporre la filosofia alla carne, lo spirito alla materia, l’ideale al reale. Rapito, assorto, immerso in questo suo ruolo falsamente marginale, volutamente in disparte, affatto distratto dalle tre grazie, vestite di romane reminescenze, che danzano impunemente scambiandosi guardi languidi eppur puri, sagge donne che hanno compreso il valore del lavoro di squadra….
Solo Zefiro sembra animato da pensieri meno puri, il suo abbraccio cattura, rapisce, trattiene la sua presa, il suo sguardo convince, il suo pensiero è intuibile, ma già quasi rassegnato ad un rifiuto. E no, caro Zefiro, così imbronciato e così azzurro, così trasfigurato dal tuo ruolo divino, difficilmente riuscirai a conquistare la tua dea, l’unica che non ha un nome, un ruolo preciso (o almeno mi sfugge) nata proprio solo per sfuggirti, per cercare di intrecciare i suoi passi con la natura, rincorrendo l’alito del vento che contiene il calore del rinnovamento, della rinascita, della natura che torna a vivere e a fremere. Chissà se ti sfuggirà realmente o se vuole solo farsi rincorrere un po’….
Flora, inconsapevole protagonista del miracolo che si rinnova, è intenta a compiere il suo lavoro, incurante di questi cicaleggi d’amore, delle danze velate, dell’astratta assenza dei presenti, lei c’è, è forse l’unica, gravida come Venere, anzi, meno di Venere, un tale oltraggio non le sarebbe permesso, adornata di fiori e di fili d’erba intrecciati lei è pura e materiale allo stesso tempo, riunendo in se forse il più grande risultato del Botticelli, l’equilibrio cosmico tra spirito e natura, senza il conflitto, senza la mortificazione dello spirito o l’avvilimento delle carni. Bellissima, splendidamente viva in quella tela da centinaia di anni…
E poi ce lei, la Venere, eccola al centro della scena, dove le linee si incrociano e gli spazi si enfatizzano, eppure anche lei, quasi in disparte, quasi assente, quasi estranea alla scena… Gravida, a dimostrazione della fecondità della natura, pensierosa, quasi maliziosa, nello scrutare il passo leggiadro di flora, inconsapevolmente bella, inconsapevolmente protagonista…. Venere, quasi ingigantita dall’arbusto dietro di lei che ne prosegue le forme e i contorni, creando un ombra inquieta, uno spazio di confine tra lei, e le figure avanti a lei, quasi protette, e il buio, dietro, domato e ammansito eppur ancora presente.
Venere domina, il suo ruolo è rivelato da piccoli particolari, l’eleganza della figura la impone regina, i drappeggi dell’abito, meno trasparenti e meno leggeri delle altre figure femminili, la vogliono importante, la posa della mano non è casuale, sembra scegliere, decidere, fermare, intervenire, la vaghezza dello sguardo un po’ inquieta, forse venere non è abituata a vestire i panni decorosi di una donna incinta, forse semplicemente questo tentativo di ricondurla in una dimensione più filosofica e meno fisica la vuole matrigna prima che matrona.
Ed eccolo infine, quasi nascosto dalle fronte, quel piccolo cupido che sta per scagliare la sua freccia, gli occhi bendati, non serve vedere, è l’istinto che lo conduce a scagliare il suo richiamo d’amore.
Che dire della Primavera, è una delle opere più celebri ma anche più misteriose del Rinascimento. Collocata nel massimo periodo di neoplatonismo, quando la filosofia imponeva modelli classicheggianti da inseguire, nelle forme e nelle idee, quando le arti ricercavano se stesse nelle radici delle tracce romane, lasciando un vuoto nella pittura per l'assenza di modelli a cui attingere che si è rivelato provvidenziale per le interpretazioni del Botticelli, bellissime ma veramente poco attinenti con i vigorosi modelli classici a cui lui, probabilmente, credeva di ispirarsi…
L’interpretazione della Primavera è ancora materiale di studio, potrebbe trattarsi di un quadro didattico, il giovane Lorenzo de’ Medici, cui il quadro era destinato, doveva forse riflettere su questa Venere insolitamente casta, e contrapporre i ruoli e gli atteggiamenti opposti delle due figure maschili.
Un quadro da godere prima ancora che da osservare, un quadro che rapisce per la sua bellezza, per la perfetta armonia delle forme, per l’equilibrio sereno dell’ambiente, per quel clima di convegno festoso eppur meditativo.

Eccola, la Primavera, forse enigmatica, forse misteriosa, sicuramente affascinante, sicuramente complessa, assolutamente Donna.

Nessun commento:

Posta un commento